La tendenza verso la sostenibilità e la riduzione dell’impatto ambientale è rilevante dal punto di vista della mitigazione dei cambiamenti climatici ed è altrettanto importante implementare il concetto di resilienza.
Il concetto di resilienza dal punto di vista ecologico è emerso intorno al 1970 e si è evoluto lentamente nei decenni, assumendo il significato di “abilità di anticipare, prepararsi e far fronte a eventi pericolosi, ripristinando o adeguandosi alle perturbazioni che hanno alterato lo stato iniziale di un sistema”. La sostenibilità ambientale si riferisce alla riduzione dell’impatto dell’attività antropica sull’ambiente, attraverso l’adozione di misure che mirino all’ottimizzazione dell’uso di risorse naturali. In linea più generale, ci si riferisce allo sviluppo sostenibile come quell’insieme di pratiche utili a soddisfare le esigenze attuali senza compromettere la possibilità delle future generazioni di fare altrettanto.
Sostenibilità e resilienza possono considerarsi come due facce della stessa medaglia: mentre la sostenibilità considera gli impatti apportati sull’ambiente, la resilienza porta in conto come l’ambiente impatti sulle attività. Una differenza apparentemente sottile ma sostanziale: ad esempio, un sito contaminato vulnerabile agli eventi meteorologici estremi non è da considerarsi resiliente e, tale limite, può inficiare lo scopo degli interventi di bonifica programmati, causando impatti avversi sull’ambiente circostante in maniera significativa. Per essere veramente sostenibile, un intervento progettuale deve mantenere la propria funzionalità per tutto il periodo d’esercizio e per far ciò occorre che sia resiliente agli eventi estremi e alla variabilità del clima. Da qui deriva l’importanza di adottare un approccio che integri i due concetti.
Nell’ambito delle bonifiche di siti contaminati, molto è stato fatto finora per sviluppare sistemi e procedure sostenibili, tuttavia, per quanto riguarda la resilienza climatica gli studi sono ancora limitati. Ciononostante, a oggi sono molteplici gli strumenti che fanno esplicito riferimento all’analisi dei rischi legati ai cambiamenti climatici: tra questi i principali sono le linee guida per l’integrazione dei cambiamenti climatici e biodiversità nella Valutazione di Impatto Ambientale e nella Valutazione Ambientale Strategica, nonché le linee guida Equator Principles (EPs), adottate ormai da oltre cento istituzioni finanziarie a livello globale e che regolano la concessione di finanziamenti per progetti di grandi opere nel settore industriale, ma anche nel settore trasporti e delle telecomunicazioni.
UN METODO ACCREDITATO
Uno studio condotto da WSP ha avuto l’obiettivo di determinare un metodo di valutazione di rischio climatico per siti di bonifica, riferendosi alle indicazioni dettate dalle più accreditate e autorevoli fonti, tra cui Intergovernmental Panel for Climate Change (IPCC), World Meteorological Organization (WMO), European Commission (EC), Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), Protezione Civile, US Environmental Protection Agency (EPA), AU National Climate Change Adaptation Research Facility (NCCARF).
La metodologia si compone in due fasi: una prima fase di caratterizzazione del sito in ogni suo aspetto (dai fenomeni climatici che lo hanno interessato e verosimilmente lo interesseranno in futuro fino al completo accertamento di tutte le caratteristiche geomorfologiche e idrogeologiche, passando per l’analisi dei sistemi di bonifica in essere o previsti); a questa fase di preparazione segue poi la seconda fase di valutazione che investe dapprima la vulnerabilità e poi l’effettivo rischio.
Lo scopo finale è quello di comprendere quali siano gli impatti climatici che maggiormente potranno inficiare i sistemi di bonifica adottati (o che si vuol adottare, in caso di interventi ex novo), stabilire il grado di allerta destato da ciascuna specifica pericolosità e stabilire una scala gerarchica di priorità di intervento per poter far fronte a tali minacce.
All’interno della procedura, tutti i fattori che influiscono sulla determinazione del rischio climatico sono considerati quan- titativamente attraverso degli indicatori, ovvero dei parametri che ne consentono la caratterizzazione per livelli. Per poter operare la fase di valutazione, tali fattori sono messi in relazione attraverso operatori matriciali opportunamente costituiti.
Le informazioni ottenute nella fase di valutazione rappresentano una panoramica degli impianti a maggior rischio e dei fenomeni climatici che possono causare danni nel sito indagato, ponendosi come input per la scelta e per l’individuazione di misure di adattamento al cambiamento climatico.
L’approccio adottato è favorito dal fatto che le nuove conoscenze e sistemi di calcolo consentono di poter studiare e stimare, nonostante l’aleatorietà intrinseca tipica dei fenomeni meteorologici e ancor di più del cambiamento del clima, quali possano essere gli scenari futuri. La sfida è pertanto utilizzare tali strumenti per far fronte a tali minacce, prevedendo le possibili conseguenze e anticipando le strategie di adattamento.